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Battaglia Terme

Inquinamento cognitivo

Guerra dell’attenzione, inquinamento cognitivo e declino cognitivo sono tre argomenti strettamente correlati. Partiamo da alcuni elementi fattuali.
Negli anni ’80, nelle scuole dell’obbligo, si affrontavano tranquillamente 5 ore consecutive di lezione con una pausa di 10 minuti alla terza ora. Durante la quale si usava il bagno e si faceva uno spuntino (portato da casa). Parafrasando la storiella del calabrone, gli scolari non sapevano che per la loro età non era possibile mantenere l’attenzione così a lungo, quindi la loro attenzione non scemava. In precedenza la situazione era ancora più “dura”. Più ore, programmi più densi, maggiore insistenza sulla disciplina, classi con il triplo di alunni rispetto ad oggi. Confrontando elaborati di allievi della scuola dell’obbligo di 100 anni fa, 50 anni fa e oggi, si nota un evidente declino della proprietà e ricchezza di linguaggio e della capacità di costruire pensieri complessi. Qualcosa sta andando storto. Ma cosa?
Sicuramente in passato non c’erano stimoli di disturbo e la scuola – fra gli altri – svolgeva il compito di allenare l’attenzione.
Oggi, invece, l’attenzione è qualcosa di sfuggente, frammentata in micro brandelli. Altro che tre ore, le persone non riescono a stare focalizzate neanche per tre minuti. Gli ultimi consigli degli esperti di comunicazione social raccomandano video inferiori a 20 secondi e testi di poche righe. Perché l’attenzione si perde. Perché le aziende se la contendono ferocemente.
Un nostro recente intervento social di 3 righe che rimanda ad un articolo di approfondimento su questo sito, ha avuto numeri (per noi) molto elevati di visualizzazioni, commenti, condivisioni, ma delle oltre 17.000 persone che hanno letto le 3 righe di “lancio”, solo 26 sono andate a leggere l’approfondimento. Perché l’attenzione nel frattempo era presa da altro.

Inquinamento cognitivo

È proprio l’attenzione il problema di fondo, perché senza di quella non c’è presenza, non c’è pensiero critico, riflessione, evoluzione personale, crescita relazionale, sviluppo cognitivo.
L’attenzione è una risorsa preziosa, che i media e le aziende si contendono, scatenandosi in messaggi sempre più brevi ed emotivi, che si fanno spazio nella nostra vita insieme ai nostri bisogni primari, agli interessi personali, agli impegni di lavoro, di famiglia, sociali, ai nostri bisogni emotivi. Il tutto crea un bombardamento di stimoli, che si aggiunge al rumori del traffico, degli ambienti, dei media.
Ecco che si genera l’inquinamento cognitivo: un sovraccarico di scorie informative e stimoli che ci annebbia (si parla di smog mentale), ci rallenta nelle scelte e nelle decisioni e ci lascia la senzazione di non riuscire a stare dietro a tutto. Di non farcela. Il sistema economico (e pubblicitario) sfrutta da sempre i meccanismi cerebrali del piacere, proponendo in continuazione stimoli gratificanti che innescano il rilascio di dopamina. Ci sentiamo bene e ne vogliamo di più, sempre di più. Un meccanismo di dipendenza come un altro, ma quando siamo circondati e iperstimolati di possibilità, restiamo perennemente insoddisfatti oltre che confusi e distratti. Ecco che allora sbagliamo, più spesso, più facilmente, perché tutto questo disturbo incide sulla nostra capacità di scegliere, di decidere, di risolvere problemi.

Lo strumento maggiore che oggi causa inquinamento cognitivo è il telefonino.
Lo smartphone è onnipresente: il primo oggetto che prendiamo in mano appena svegli, l’ultimo che guardiamo prima di dormire. Lo usiamo per lavorare, comunicare, passare il tempo o evitare la comunicazione verbale (ammettiamolo). Molte persone non riescono a non controllare il telefono costantemente, incapaci di sottrarsi al flusso costante di dati.

Perché la mente si abitua a saltare continuamente da uno stimolo all’altro, un effetto talvolta descritto come “Popcorn Brain”, che rende il cervello iper-reattivo ma incapace di focalizzarsi a lungo. Il risultato è un senso di saturazione mentale e l’incapacità di trattenere le informazioni, generando annebbiamento mentale e confusione. Studi sulla dipendenza da Internet (Young, Pistner, O’Mara, 2000) evidenziano come il perseverare nella ricerca compulsiva di informazioni, nonostante le difficoltà sociali o personali, sia un tratto distintivo di questo sovraccarico. L’interazione costante con i social media alimenta inoltre la la paura di perdersi qualcosa, che spinge al controllo compulsivo del dispositivo, alimentando ansia e stress. Lo smartphone crea dipendenza perché è progettato per farlo. Ogni notifica, ogni “like” o messaggio ricevuto innesca una piccola, ma efficace, scarica di dopamina (l’ormone della ricompensa) nel cervello.

Il cervello emotivo dei minori è particolarmente vulnerabile a questo sistema, poiché tende a cercare la ricompensa, creando le basi per una vera e propria dipendenza. L’esposizione continua a contenuti brevi e frammentati può portare al fenomeno del Brain Rot, una lenta “marcescenza” della mente che impedisce la riflessione profonda e il pensiero critico. Se durante la crescita il cervello è sottoposto in prevalenza a stimoli brevi e ad alto impatto emotivo, si crea uno sbilanciamento a discapito della parte razionale, delle capacità cognitive, della maturazione di funzioni come la pianificazione e l’autoregolazione. L’iperstimolazione visiva e la riduzione delle interazioni sociali dirette possono portare a maggiore irritabilità e fatica a gestire la frustrazione, compromettendo lo sviluppo di capacità relazionali come l’empatia. Uno studio di Glass e Kang (2018) ha associato le distrazioni virtuali a una memoria a lungo termine ridotta e a minori capacità di adattamento psicosociale.

Inquinamento cognitivo

La soluzione non è eliminare la tecnologia, ma renderla una risorsa da usare e non una padrona da cui farsi usare. Promuovere un uso consapevole dello smartphone per scopi concreti, non come baby-sitter e passatempo, concedersi spazi di silenzio digitale, in cui si spegne la tecnologia e si consente alla mente di respirare. Sempre che si voglia presevare la parte di noi in grado di riflettere, pensare, decidere, relazionarsi ed essere creativa.

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